Aprile 28, 2025

di Roberto Rizzuto


Da un paio d’anni, in rosanero, c’è un calciatore, palermitano purosangue, che prova a essere profeta in patria: si sbatte come un matto, corre su e giù per il campo, a destra, a sinistra, dovunque venga schierato dall’allenatore di turno.

Prende dagli avversari un sacco di botte, che, ogni tanto, restituisce; infatti, in occasione della prossima partita di campionato in programma a Cosenza, dovrà scontare un turno di squalifica, per via dell’ammonizione rimediata da diffidato contro la Sampdoria.

Se si facesse una gara, alla fine di ogni partita, strizzando la maglia dei giocatori per stabilire chi abbia corso di più durante i novanta minuti, lui sarebbe costantemente sul podio.

Stiamo parlando di Francesco “Checco” Di Mariano, picciotto cresciuto nella scuola calcio “Ribolla”, sotto l’ombra ingombrante del zio materno Totò Schillaci, eroe azzurro del mondiale del 1990.

Di Mariano, andato via da Palermo ad appena quattordici anni per approdare nelle giovanili del Lecce ha, da allora, girovagato per lo Stivale in lungo e in largo, prima di tornare a casa e vestire i colori della propria città: Roma, Ancona, Monopoli, Novara, Venezia e Castellammare di Stabia, oltre al capoluogo pugliese, sono state le altre tappe della sua carriera.

Contro la Sampdoria, Di Mariano ha meritato lo scettro di migliore in campo, per aver interpretato con grande dedizione e qualità il ruolo di esterno destro a tutta fascia nel 3-4-1-2 scelto dal tecnico Mignani. Una sua bellissima conclusione mancina, nel secondo tempo, sul punteggio di due a due, fermata unicamente dal palo, avrebbe potuto dare i tre punti al Palermo.

In quel palo che ancora trema c’è un po’ la sintesi dell’intera esperienza di Checco Di Mariano in maglia rosanero, fatta di aspettative da concretizzare, che, al momento, sembrano sfuggire per pochissimo. Chissà, però, se proprio un suo guizzo, alla fine della stagione, non possa mandare un’intera città in estasi.

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